A Rancio ci sono anziani missionari che ancora corrono, quelli un po’ meno e altri solo in carrozzella. Tuttavia una volta fermi sembrano poi rinchiudersi nel proprio mondo interiore, quasi in religioso raccoglimento. Il buon Renato Doneda (1926-2017), recentemente scomparso a novant’anni (dopo aver donato la sua forza lavoro per il Signore in un pezzo del Pime degli Stati Uniti e della Papua Nuova Guinea) raccolto nella sedia a rotelle, sembrava vivere soltanto per se stesso. Notte e giorno tra letto, refettorio, chiesa e carrozzella, circondato da una piccola galassia di relazioni instaurate tra lui e medici, infermieri, operatori sanitari che con grande cura osservavano come stava il suo corpo e ascoltavano con attenzione non solo i battiti del suo cuore, ma anche le sue parole. Ma queste erano molto scarse e da decifrare.

Molte volte l'impressione era quella di osservare un uomo molto ma molto silenzioso. Dallo sguardo intenso. Lo sguardo dell’altro è sempre una visione smisurata che racchiude un sacco di domande che non ci riesce mai di catturare se non ci facciamo caso. Possiamo benissimo pensare, allora, che era lui che dal basso guardava dentro di noi, e con il suo occhio penetrante, ci interrogava chiedendo silenziosamente, immaginiamo: " Chi sei tu? Cosa stai pensando in questo momento? Come ti poni di fronte a me, vecchio uomo malato e per giunta in carrozzella?"

Domande difficili da percepire quando si vive con altri più attivi, dove il silenzio spesso è cercato. La vita in comunità fatta di messa, mensa, tv, ricreazione fa pensare che il movimento stia vincendo e l’attesa in silenzio sia fuori posto. In effetti non lo è. E' la regola del gioco quando lo sguardo dell’altro, alla fine del suo cammino, ci sorpassa e si rivolge solo al tramonto.