width= Giovanni tra cocchi e coralli

Aprile 1855 - Intanto la nave, dopo aver toccato la Nuova Guinea e la Nuova Britannia, si dirigeva verso le isole dell'Arcipelago di Bismarck e a p.Giovanni si presentava una splendida occasione per effettuare il suo piano di studio e di osservazioni su quelle sconosciute isole e sui loro abitanti. Quando la nave ancorava in qualche porto, egli scendeva in compagnia dei marinai, avvicinava i nativi, osservava, annotava tutto ciò che poteva interessare usi, costumi, lingua, clima, posizione geografica. Era forse la prima volta che un europeo si prendeva la briga di sollevare con tanto interesse il velo misterioso che, da quando quelle isole sperdute nella immensità degli oceani esistevano, nessuno mai aveva osato e potuto infrangere.

Ecco quanto raccontava in una sua lettera ai genitori: " Vi dovrei dire, poi, che ad Ontongiava, dodici isolette vicine alla linea dell'Equatore, trovammo un popolo che non ha alcuna idea dell'acqua dolce! Il nostro Buon Dio non diede loro acqua perché sono isolette piccolissime e non altro che sabbia di corallo; si che anche l'acqua piovana dissecca in un momento. Ma invece dell'acqua la Provvidenza diede loro tanti frutti di cocco che fatto un compunto approssimativo non consumano in un anno la quarantesima parte del prodotto naturale, e di questo cocco bevono e mangiano; e nei molti giorni che vi stammo, feci così anch'io. Quella gente povera mi videro la crocetta al collo e mi domandarono cosa fosse. Io risposi: faman! Che vuol dire: mio padre nella lingua di Rook; e per accidente questa parola l'avevano anch'essi e la compresero. Dissi, avanzando, che era anche il loro padre; mi fecero segno se era padre anche di quelli della nave. Risposi: di tutti. La meraviglia crebbe. Mi domandarono dove fosse. Mostrai il cielo e dissi anche: dappertutto!"

Dall'arcipelago di Bismarck, la nave si spostò poi verso oriente raggiungendo le Salomone; e dopo aver percorso le coste orientali di questo Arcipelago, i viaggiatori rientrarono nel Mar dei Coralli. Di tutte quelle isole che il desiderio di commercio spingeva il capitano a visitare, p.Giovanni fece relazione particolareggiata di capitale interesse ai fini dell'espansione evangelica e di non piccolo valore scientifico, uno studio che, tuttavia, andò perduto nel settembre di quel 1855 il giorno della sua uccisione nell'isola di Woodlark.

 

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Edito da Youcanprint.it

La metafora sacrificale è stata utilizzata in diversi testi del NT per interpretare la morte di Gesù in croce. In un momento successivo, quando ormai il significato dei sacrifici israelitici non era più compreso nel suo significato originario, Anselmo d'Aosta ha elaborato la teoria chiamata "espiazione vicaria". In base a essa Gesù, morendo sulla croce, avrebbe scontato la pena dovuta ai peccatori, soddisfacendo così una volta per tutte le esigenze della giustizia di Dio e riconciliando l'umanità con lui.

Questa teoria è diventata per secoli la spiegazione ufficiale della morte di Gesù. Essa però ha rivelato da tempo i suoi lati deboli. Da una parte non risponde all'idea di sacrificio dell'Antico e del Nuovo Testamento e, dall'altra, riduce la morte del Messia a un fatto mitologico, al pagamento cioè di un debito contratto da tutta l'umanità nella persona del suo lontano progenitore. In questo studio l'autore dimostra come la teoria di Anselmo non sia conforme ai dati biblici e inoltre presupponga un'immagine di Dio che non è in armonia con quella attestata nel Vangelo. Oggi questa teoria deve essere messa da parte se si vuole comprendere il vero significato della morte di Gesù.